Prima arbitro, poi assistente, ora Organo Tecnico per il Settore Giovanile: la bella storia di Cristian Baldon, altro pilastro della nostra sezione

Pubblicato da Matteo Lunardi il

Con l’articolo di oggi andiamo a conoscere più da vicino un’altra colonna portante della nostra sezione: parliamo di Cristian Baldon, figura di riferimento con il suo incarico di Organo Tecnico per il Settore Giovanile.
Un’altra storia lunga e interessante, che andiamo a scoprire direttamente grazie alle parole del diretto interessato.

Cristian Baldon: una delle colonne portanti della sezione Aia di Este

«Sono diventato arbitro nel 1996, nell’allora sezione di Conselve. Non ho mai giocato a calcio, anche se è lo sport che amo, e mi sono affacciato a questo mondo principalmente per curiosità, per effetto delle tante storie che avevo sentito raccontare da un amico di mio padre, ex arbitro. Una delle prime persone che incontrai la sera in cui andai ad iscrivermi al corso fu il caro Franco Bernini, che per me e moltissimi altri sarebbe poi diventato un autentico compagno di vita, sia in campo che fuori. Allora non avrei mai potuto immaginare che l’Aia sarebbe diventata una componente così importante e costante della mia vita: di certo ha plasmato il mio carattere e il mio modo di essere, anche fuori dal campo».
Cristian prosegue il suo racconto toccando altre tematiche.
«Iniziando tardi, a 25 anni, il mio percorso arbitrale poteva ovviamente portarmi solo fino ad un certo punto. Come direttore di gara sono arrivato fino alla Seconda Categoria, la mia serie A, dilettandomi anche nel calcio a 5. Poi, nel 2000, la svolta: decido di prendere in mano la bandierina e di diventare assistente. All’inizio ero un po’ titubante, ma ho presto scoperto un nuovo modo di essere arbitro: l’orgoglio di far parte di una terna, la terza squadra in campo, che rende ogni gara ancora più impegnativa ed entusiasmante. Ho avuto l’opportunità di calcare tutti i campi del Veneto, tra Eccellenza e Promozione, conoscendo tanti colleghi di altre sezioni con cui ancora oggi ho un bel rapporto di amicizia. È sempre un piacere incontrarsi: con qualche anno in più, ma con lo stesso entusiasmo di sempre».
Quali sono i ricordi maggiormente impressi nel cuore?
«Come dice il nostro attuale presidente, ci ricorderemo sempre due partite: la prima e l’ultima. Nel mio caso una gara di Esordienti al Kennedy di Monselice, in cui non avevo nemmeno la monetina, e una di Terza Categoria, al carcere “Due Palazzi” di Padova. In mezzo, negli anni, mille altre partite: in alcune stagioni anche sessanta, sempre con lo stesso entusiasmo e divertimento. Da associato non ho mai vissuto l’attività semplicemente come la gara della domenica e le varie riunioni tecniche: fin dal 2002 ho sempre collaborato con la sezione, soprattutto sul piano tecnico, grazie alla fiducia che i presidenti mi hanno costantemente accordato. Questo mi ha dato la possibilità di confrontarmi con colleghi più esperti e preparati di me, ma anche di seguire i più giovani per aiutarli a crescere e a maturare».
Nel 2018 Cristian diventa Osservatore Arbitrale: uno step importante, a cui segue la già citata nomina di Organo Tecnico per il Settore Giovanile.
«Un incarico di grande responsabilità, un’esperienza straordinaria ed entusiasmante. Oltre al lavoro quotidiano, tra le designazioni e ciò che ne deriva, non è semplicissimo trovare la gara giusta per l’arbitro giusto. Seguo da vicino i ragazzi e le ragazze che si affacciano a questo mondo per la prima volta. Con la collaborazione del presidente Rizzato e del vice Peraro, li accompagniamo nei loro primi passi sul terreno di gioco: il nostro obiettivo è vederli crescere, migliorare e divertirsi in ogni gara, tirandoli su se qualche partita va storta e aiutandoli a capirne il perché. Se sono la persona di oggi, è anche grazie a questa attività: citando colleghi più affermati, mi piace pensare “non di fare l’arbitro, ma di essere arbitro”. Ai giovani di oggi vogliamo insegnare che l’Aia e la sezione sono una grande famiglia, fatta di sacrifici ma anche di valori e princìpi solidi, di persone di spessore e di valore. Il campo non rappresenta solo una scuola di vita sportiva, perché ti fa maturare pure nella quotidianità. Tutti sono sullo stesso piano e tutti hanno le loro opportunità. E ci si diverte sempre, sia in campo che fuori».
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